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lunedì 14 maggio 2018

Ispettori del Lavoro: Infortuni e Corsi di Formazione



«Siamo ispettori del lavoro. Dovremmo avere una funzione sociale importante di contrasto al lavoro nero, di tutela della sicurezza, ma siamo senza strumenti e alla mercé di datori di lavoro e lavoratori disperati e furibondi» affermano con voce unanime alcuni dipendenti dell’Ispettorato del Lavoro di Milano-Lodi, riuniti in assemblea e in procinto di chiedere lo stato di agitazione.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro nasce nel 2015, come riforma a costo zero, con l’istituzione dell’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro. L’obiettivo  è quello di accorpare in un unico ente, direzioni territoriali e le attività relative alle politiche sociali di INPS ed INAIL per razionalizzare le risorse, controlli ispettivi ed evitare sprechi economici. .«Ma da quanto attestano i lavoratori – asserisce Giorgio Dimauro, Segretario della CISL FP di Milano – l’ente ad oggi, è una scatola vuota, senza risorse e senza senso».

I lavoratori, sul piede di guerra, rivendicano l’impiego di risorse ministeriali in termini di strumentazione informatica e banche dati, una dovuta copertura assicurativa per gli svariati rischi connessi alla funzione ispettiva,  formazione adeguata e miglioramento delle condizioni professionali ed economiche e assunzione di personale.

«L’area ispettiva – conferma il referente sindacale – è assolutamente in carenza di organico rispetto al contesto socio-economico ed alle dimensioni del territorio di competenza , ossia le sedi territoriali di Milano, Monza e Lodi, non si riesce ad assicurare un adeguata presenza e ciò implica  necessariamente il mancato assolvimento dei fondamentali compiti istituzionali».

L’attività degli ispettori del lavoro viene così ampiamente svilita e svuotata dell’importanza sociale che dovrebbe invece avere soprattutto in considerazione
del binomio lavoro regolare-sicurezza sul lavoro.

Inoltre, per quanto riguarda gli ispettori del lavoro effettivamente impiegati nello svolgimento dell’attività di vigilanza, il lavoro si svolge soprattutto all’esterno dell’ufficio, presso aziende, cantieri, esercizi commerciali, logistica e qualsiasi attività imprenditoriale «In questi casi – spiega DiMauro – i lavoratori sono costretti ad utilizzare il proprio mezzo, che l’amministrazione sembra dare per scontato. Consideriamo che – precisa – gli ispettori sono tenuti ad anticipare le spese vive, che vengono rimborsate solamente dopo mesi e decurtate negli importi senza possibilità di confronto e con rimborsi Km irrisori tali da non coprire le spese di benzina e usura del veicolo (non vengono applicate le tabelle ACI che imponiamo alle aziende di rispettare.  Infatti – chiosa – non vengono applicate le tabelle ACI che tutte le aziende sono tenute a rispettare. Occorre tener presente inoltre  – prosegue il referente Cisl – che senza questa disponibilità da parte degli ispettori, sarebbe assolutamente impossibile raggiungere moltissimi luoghi di lavoro della provincia, dalla Brianza al lodigiano, ed in orari disagiati (serali, notturni e/o festivi),
senza il riconoscimento di alcuna specifica indennità».

Sul versante economico, i lavoratori lamentano “gravi criticità” causate dal taglio dei fondi Fua, relativi al salario accessorio, per il 2016 ed il paventato rischio di dover restituire parte delle somme già liquidate nel 2015. «Inoltre – attesta Dimauro – poiché non è stato nominato il Presidente del collegio dei sindaci revisori dell’ispettorato nazionale del lavoro, non sarà erogato il fondo speciale relativo al 2017. In sostanza- prosegue- la competenza relativa alle retribuzioni degli ispettori del lavoro viene rimpallata tra ministero dell’economia, cui prima afferivamo, all’ispettorato che però al momento è una scatola vuota, senza poteri e senza risorse»

Il malcontento degli ispettorati territoriali è generale e  ha preso piede su scala nazionale. Lo scorso 26 ottobre, c’è stata una manifestazione a Roma, indetta dalle maggiori sigle sindacali, Cisl Fp,  Fp Cgil,  uilpa, conf. Confasal unsa, usb, fed. Intesa , flp. I lavoratori dell’ITL di Milano si sono riuniti in assemblea e sono in procinto di aderire allo stato di agitazione nazionale, mentre molti ispettori delle sedi di Varese, Bergamo, Salerno, Brindisi e Terni, hanno già annunciato di non essere più disposti ad utilizzare il mezzo proprio per i necessari spostamenti sui luoghi di lavoro, di chiedere l’anticipazione delle spese per l’utilizzo dei mezzi pubblici, di non effettuare lavoro straordinario e di non partecipare a campagne ispettive speciali.


Morti sul lavoro in aumento,
in 10 anni in Italia 13 mila vittime
Secondo l’Osservatorio indipendente di Bologna dall’inizio del 2018 sul lavoro sono già morte 29 persone in 16 giorni: quasi due al giorno. Secondo l’Inail i morti sul lavoro sono cresciuti dell’1,8% nei primi 11 mesi del 2017

Se potessero parlare — i 13 mila morti sul lavoro censiti negli ultimi 10 anni dall’Osservatorio indipendente sulle morti sul lavoro di Bologna — racconterebbero storie che assieme al dolore provocano una rabbia sorda e impotente: troppo simili l’una all’altra, queste tragedie mostrano che sul lavoro si muore sempre allo stesso modo. Disgrazie prevedibili. Sulla carta facili da evitare.

Caduta dall’alto senza il caschetto protettivo, soprattutto in edilizia. Schiacciati da mezzi pesanti in agricoltura. E poi ci sono i casi dell’industria, come quelli degli operai morti ieri a Milano. L’Osservatorio indipendente sul lavoro ha iniziato la sua attività il primo gennaio 2008 su iniziativa di un operaio in pensione, Carlo Soricelli, che ha voluto così onorare la memoria dei sette lavoratori morti alla Thyssenkrupp di Torino. L’Osservatorio conta sia i morti nei luoghi di lavoro sia quelli che hanno perso la vita sulle strade, mentre raggiungevano fabbriche e uffici. Il 2017, secondo questa triste contabilità, si sarebbe chiuso con 632 decessi nei luoghi di lavoro (641 nel 2016), 1.350 se si considerano anche quelli nel tragitto tra casa e lavoro (oltre 1.400 nel 2016). A ieri, le tragedie del 2018 avrebbero già toccato quota 29.

Poi ci sono i dati ufficiali, quelli dell’Inail.Le denunce di infortuni mortali presentate all’Istituto nei primi 11 mesi del 2017 sono state 952, con un incremento di 17 casi rispetto ai 935 dell’analogo periodo del 2016 (+1,8%) e una diminuzione di 128 casi rispetto ai 1.080 decessi denunciati tra gennaio e novembre del 2015 (meno 11,9%). Certo, nel valutare l’aumento di morti e incidenti bisogna tenere conto anche che nell’ultimo anno è cresciuto il numero degli occupati. «Non può esistere progresso economico senza difendere il valore del lavoro — contesta Franco Martini della segreteria nazionale Cgil —. La maggioranza degli infortuni è causata dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza. Risultato della continua rincorsa da parte delle imprese al risparmio e all’abbattimento dei costi».

Tornando ai dati sugli infortuni, tra gennaio e novembre 2017 le denunce complessive (quindi non solo quelle mortali) pervenute all’Inail sono state 589.495. L’aumento di 1.900 casi rispetto allo stesso periodo del 2016 (più 0,3%) è dovuto per la quasi totalità agli infortuni avvenuti nel tragitto casa-lavoro e viceversa. Gli aumenti più sensibili, sempre in valore assoluto, si sono registrati in Lombardia (più 2.340 denunce) ed in Emilia Romagna (più 1.696), mentre le riduzioni maggiori sono da attribuire alla Sicilia (meno 1.171) e Puglia (meno 933).

Come dire: per i territori poter vantare pochi infortuni sul lavoro è una buona notizia con un retrogusto amaro. Perché avere pochi incidenti purtroppo non è sintomo di maggiore sicurezza e più attenzione nel rispetto delle regole. Ma soltanto di meno lavoro.



Corsi di formazione obbligatori per tutti i lavoratori

A chi è rivolto
Il corso obbligatorio è rivolto a tutti i lavoratori presenti in azienda per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nei luoghi di lavoro ai sensi degli articoli 36 e 37 del D. Lgs. 81/2008.

il corso è rivolto a:
–  lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato (anche part-time)
–  lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato (anche part-time)
–  soci delle cooperative iscritti a libro paga
–  lavoratori iscritti alle liste di mobilità
–  lavoratori in cassa integrazione

APPROFONDIMENTI

L’Accordo Stato‐Regioni del 21 dicembre 2011 disciplina la durata, i contenuti minimi, le modalità della formazione ed aggiornamento dei lavoratori e delle lavoratrici, dirigenti e preposti ai sensi dell’art. 37 del D. Lgs. n. 81/2008.

Come si articola il corso di formazione dei lavoratori?
La formazione dei lavoratori, si articola in due momenti distinti: formazione generale (con programmi e durata comuni per i diversi settori di attività) e formazione specifica, in relazione al rischio effettivo in azienda. (rilevato in funzione del settore ATECO di appartenenza).
 Qual è la durata dei corsi di formazione per i lavoratori?
Durata minima complessiva dei corsi di formazione per i lavoratori, in base alla classificazione dei settori di rischio:
– 4 ore di Formazione Generale + 4 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio basso: TOTALE 8 ore
– 4 ore di Formazione Generale + 8 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio medio: TOTALE 12 ore
– 4 ore di Formazione Generale + 12 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio alto: TOTALE 16 ore.

DA SETTEMBRE INOLTRE PARTIRANNO I CORSI DI FORMAZIONE ED AGGIORNAMENTO PER:

ADDETTO ANTINCENDIO

ADDETTO PRIMO SOCCORSO

RAPPRENSENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA

RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PROTEZIONE E PREVENZIONE (RSPP PER DATORI DI LAVORO)

OBBLIGO PER TUTTI I DATORI DI LAVORO DI FAR ESEGUIRE LE VERIFICHE DI MESSA A TERRA.

Il DPR 462/01 stabilisce l'obbligo, per tutti i Datori di Lavoro con almeno un dipendente nella propria azienda, di far eseguire la verifica periodica messa a terra sugli impianti elettrici, con periodicità biennale o quinquennale.

La verifica periodica messa a terra può essere effettuata da ORGANISMI ABILITATI dal Ministero delle Attività Produttive, sulla base della normativa tecnica europea UNI CEI, o in alternativa da Asl/Arpa.

Non sono valide quindi, ai fini del DPR 462/01, le verifiche effettuate da professionisti o imprese installatrici.

Periodicità delle verifiche
Il datore di lavoro è tenuto a richiedere la verifica periodica degli impianti elettrici di messa a terra e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche ogni:
– 2 anni (verifica biennale) per:

gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche in luoghi con pericolo di esplosione;

gli impianti di terra e gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche a servizio di:

Cantieri;
ambienti a maggior rischio in caso di incendio, cioè quelli definiti da CEI 64-8 sez 751;
Locali adibiti ad usi medici.
– 5 anni (verifica quinquennale) per tutti gli altri casi.


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Sarebbe importante Costituire Finalmente un MOVIMENTO NAZIONALE
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