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martedì 22 maggio 2018

Usa: eliminare la Disoccupazione è possibile



Bernie Sanders lancia il “Job Guarantee”.
 Il governo federale sarà “datore di ultima istanza” dove fallisce il settore privato.
 Numeri alla mano, dicono gli esperti, conviene pagare per lavorare.
 “La vera piena occupazione è sostenibile”

E se provassimo a eliminare la disoccupazione, per tutte le fasce di età e in tutte le regioni, creando direttamente dei posti di lavoro, nelle comunità dove essi servono, attraverso un piano occupazionale statale? Con un'offerta valida in qualsiasi momento, un'opzione pubblica di riserva, sempre disponibile, grazie alla quale il mercato del lavoro transiterebbe verso la piena occupazione,
 la “vera” piena occupazione.

Fantascienza? Non secondo Bernie Sanders. Il #JobGuarantee (versione social) o Public service employment program (versione più ufficiale), è il nuovo cavallo di battaglia del senatore dem, che alle ultime primarie sfiorò il sorpasso su Ilary Clinton, poi sconfitta da Trump (e chissà se anche lui lo sarebbe stato). Insomma, la sinistra democratica americana ha il suo Piano del lavoro e assicura di poter eliminare la disoccupazione “in ogni angolo del Paese”, senza far lievitare tasse e inflazione.



L'analisi economica a cui Sanders fa riferimento (ma ce ne sono anche altre in circolazione) è stata elaborata da un gruppo di economisti, guidati da Randall Wray, del Levy economics institute of bard college, già noto per la sua “Teoria della moneta moderna” (Mmt). Secondo Wray, “non esiste una politica economica più importante della creazione di posti di lavoro”. E allora, l'obiettivo deve essere la piena occupazione, raggiungibile solo attraverso “un programma che preveda il governo come datore di lavoro di ultima istanza”.



Il progetto – che si ispira al New Deal di Roosvelt, mescolandolo con la teoria del “datore di lavoro di ultima istanza” di Hyman Minsky – non ha limiti di tempo e non prevede restrizioni in base al reddito, al genere, alla formazione o all'esperienza. “Esso – spiega lo stesso Wray in un articolo pubblicato su The Nation e tradotto in italiano da economiapericittadini.it – funziona come una sorta di magazzino: nella fase di boom economico, i datori di lavoro assumono lavoratori fuori dal programma, nella fase di recessione economica la rete di sicurezza permette a coloro che hanno perso il posto di preservare le buone abitudini, mantenendoli pronti al lavoro".

I partecipanti saranno soggetti a tutte le normative federali sul lavoro, e le loro violazioni porteranno al licenziamento. "Chiunque sia licenziato per tre volte nell'arco di 12 mesi non sarà ammesso a partecipare al programma per un anno.
I lavoratori saranno autorizzati a organizzarsi attraverso i sindacati”.



Ma veniamo agli aspetti economici: nello studio elaborato da Wray e dagli altri (dal titolo “Public service employment: a path to full employment”), si stima che, stante l'attuale situazione occupazionale negli Usa, il Job Guarantee interesserebbe circa 15 milioni di persone (soprattutto donne e minoranze etniche), che verrebbero assunte con una paga oraria di 15 dollari. Una volta entrato a regime il programma farebbe crescere il Pil – sempre secondo gli economisti del Levy institute – di 560 miliardi di dollari l'anno, in più si determinerebbe anche un effetto a catena sul settore privato, che porterebbe alla creazione di ulteriori 4,2 milioni di posti di lavoro. Un altro effetto importante, sottolineato dai promotori, sarebbe quello di costringere anche il settore privato a portare il salario minimo sopra la soglia dei 15 dollari orari.

Per quanto riguarda invece gli effetti potenzialmente negativi, il professor Wray e gli altri tendono a minimizzare: l'inflazione – secondo le simulazioni effettuate – aumenterebbe al massimo di 0,7 punti percentuali, per poi riscendere rapidamente, mentre l'impatto sulla spesa federale sarebbe (secondo una stima definita “molto cauta”) pari all'1,53% del Pil, nei primi 5 anni, e all'1,13% negli ultimi 5. Ma questo costo sarebbe ampiamente ripagato – spiegano ancora gli economisti – dagli effetti positivi in termini di riduzione della criminalità, di stabilità economica e sociale, di effetti benefici sui livelli di salute e di minori spese per sussidi economici.

“Questo programma pagherà le persone per lavorare, anziché pagarle per non lavorare”, spiega ancora Randall Wray, con un inconsapevole riferimento allo scenario italiano. Ma il punto è proprio questo: dietro il progetto di Job Guarantee, caro a Bernie Sanders e sempre più popolare negli Usa (naturalmente non mancano i detrattori) c’è l’idea che la disoccupazione, con tutti i suoi danni sociali derivati, sia “una scelta politica”, una scelta che “non dobbiamo più tollerare”, perché la vera piena occupazione, assicurano da oltreoceano, “è sia possibile che sostenibile”.


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